Monte Cardosa

Sui Sibillini "minori".
Una delle tante montagne della complessa e più bassa dorsale Ovest dei Sibillini, dove le praterie la fanno da padrone, dove si godono panorami davvero belli e unici sui Sibillini dal monte Bove al Redentore; una palestra per i camminatori, dove il silenzio è sovrano, la confusione è scongiurata e c'è spazio solo per il contatto diretto con la natura.


C’è chi la definisce una noiosa escursione, ed una poco interessante montagna, al cospetto delle vette più alte dei Sibillini poco distanti certo non primeggia per senso di avventura o per difficoltà alpinistiche ma se parliamo del panorama che si gode dalla tonda cima che supera appena i 1800m. poco c’è da dire, una volta almeno ci si deve salire e ci si deve rimanere a lungo, in silenzio, in ammirazione della vastità dell’orizzonte. In una giornata come oggi che le nuvole si formavano e sparivano nel tempo di un sospiro si è trattato di un momento indimenticabile. Sto parlando del monte Cardosa, una tonda ma ripida montagna che spicca sul versante Ovest dei Sibillini, si alza sopra Castel Sant’Angelo sul Nera e a causa della sua forma piramidale acuta, per il fatto che risulti isolata rispetto alle montagne circostanti appare più imponente di quanto la sua altezza non dica. L’ho sempre notata tutte le volte che scendevo in strada da Castelluccio su Visso, l’ho avuta davanti praticamente tutto un giorno pochi mesi fa quando siamo saliti a Cima di Vallinfante e al Cannafusto, da quel giorno la sua piramide tonda è diventata una ossessione, la dovevo andare a conoscere e devo dire che non abbiamo aspettato molto per farlo. Partenza dal paese di Nocelleto, meglio da ciò che rimane del borgo di Ca’ di Bartolo poco più a monte del paese, siamo poco lontani da Castel Sant’Angelo sul Nera. La vita in questi borghi si è fermata nel 2016, la distruzione è tutto intorno, sopravvivono poche tensostrutture che sostituiscono le fattorie e i magazzini dei pastori e degli allevatori della zona; ci aspetta un salto repentino e netto di 1000m. Imbocchiamo la Valle di Varogna, quota 800m. circa, dove termina la stradina asfaltata inizia una carrareccia, circa trecento metri e si fa sentiero, evidente, qualche bandierina bianco rossa c’è ma di fatto non servirebbero; si inoltra nella valle che si va facendo sempre più stretta e intricata di bassa vegetazione, tanto stretta che credo il sole non entri manco a luglio, il regno del muschio. Per due chilometri si sale costantemente, la traccia è rettilinea, la pendenza costante e poco impegnativa, dietro, verso Est si allarga a vista sulla valle di Vallinfanate, sul monte omonimo e su Passo Cattivo. Lungo la valle incontriamo svariate “bretelle”, sbarramenti in pietra che contengono le piene del fosso, vista la loro imponenza nei tempi passati qualche piena importante ci deve essere stata, oggi il fosso non è nemmeno intuibile, è costantemente secco, in pochi tratti ha scavato così tanto da poterlo associare ad uno scorrimento dell’acqua, solo a quota 1100m. circa affiora un rigagnolo che dobbiamo guadare un paio di volte per rimanere sul sentiero; subito dopo, e dopo aver intercettato una carrareccia, intorno quota 1180m. una presa d’acqua con annessa fontana (+ 1 ora), senza nome sulla carta, è la sorgente del piccolo rio. Dalla sorgente il sentiero continua sulla carrareccia, la manteniamo per un breve tratto e dopo un curvone imbocchiamo sulla destra una traccia che capiamo non corrispondere a quella riportata sulla carta ma che decidiamo di seguire in ogni caso; si alza, cerco comunque di traversare verso sinistra e verso la Croce del Gardosa, l’ampia sella che la strada dopo svariati tornanti e con un lungo tragitto avrebbe raggiunto. La deviazione c’è costata parecchio, nel tentativo di intercettare la traccia che è riportata sulla carta finiamo per salire ad intuito, puntando la vetta, quasi 700 metri di salita seguendo tracce di animali o sfruttando il versante molto scalettato; capiremo dopo che la parte alta della montagna è priva si sentieri veri, si sale a vista su ogni versante, non c’è vegetazione ad intralciare, a parte il versante Est più ripido e verticale con qualche balzo roccioso e bosco fitto il resto è un enorme pratone ripido, verso Ovest e dalla Croce del Gardosa la pendenza è più attenuata ma come si dice se non è zuppa è pan bagnato. Noi ovviamente abbiamo scelto il versante più ripido da salire, di contro c’è che si è trattata della linea più breve, magra consolazione. Alzandoci di quota usciamo al sole, e di per sé la cosa è già piacevole, nel contempo gli orizzonti si vanno allargando interrotti costantemente da nuvole che si creano e svaniscono in men che non si dica. Piano piano si va scoprendo tutta la dorsale dei Sibillini, dal Redentore al Bove, ad Est le nuvole impediscono di definire gli orizzonti, la piana di Santa Scolastica nei pressi di Norcia e poco altro, avremmo dovuto vedere il Pizzoni fino al Terminillo ma le nuvole a sbuffi impedivano ogni definizione. Troppo impegnati dalla salita ci godremo i panorami solo in cima; altri tre escursionisti ci intercettano provenendo con un lungo traverso da Croce della Gardosa, anche loro, nonostante usino il GPS, si domandano dove sia il sentiero e forse imitandoci la smettono di seguire la traccia e verticalizzano la salita, sono molto veloci, ci sorpassano e da lì a poco ci serviranno da riferimento verso la cima. Riceviamo anche una telefonata, sono amici che saputa ieri la nostra meta hanno deciso di seguirci a nostra insaputa, una gradevole sorpresa, condividere la vetta e poi il tavolo a pranzo è sempre una bella cosa. Più saliamo e più gli orizzonti si allargano, il versante è davvero molto ripido, la valle da dove abbiamo iniziato la salita è profondissima, lontana, Marina che è dietro è un puntino nei confronti di tanta vastità, credo di scattare belle foto. Solo a quota 1650m. circa il versante inizia ad attenuare la pendenza, va prendendo forma la calotta di vetta dopo che superiamo un abbozzo di corona rocciosa, nel mentre una salita repentina di nuvole che si vanno formando chiudono tutti gli orizzonti verso Est e ci fanno compagnia fino all’inaspettata croce (+2,10 ore) che troneggia sull’ampia cima. La mutevolezza la fa da padrona, in pochi minuti, forse le mie silenziose suppliche sono state ascoltate, il cielo torna azzurro, gli orizzonti tornano ad allargarsi, a variare di minuto in minuto soggiogati dalla volontà delle nuvole cha fanno e disfano a loro piacimento. Ci sediamo tra delle rocce sporgenti poco lontano dalla croce, non c’è vento, il sole scalda, e tutto intorno è semplicemente bellissimo, unico. I Sibillini come mai li abbiamo visti, da una prospettiva nuova e totale, le nuvole che interrompono le linee delle montagne non infastidiscono, anzi, rendono ricco e anche mutevole un panorama di per sé incredibile. Ero certo che si sarebbe goduta una vista stratosferica, e le aspettative sono state ampiamente rispettate; avevamo un appuntamento in vetta con i nostri amici che ci seguivano, avevamo tutto il tempo per goderci lo splendido momento e personalmente per sfruttare ogni istante per scattare foto. Il versante Ovest è un tappeto di nuvole, con pochi squarci, le basse montagne intorno Norcia sono quasi tutte coperte ma è bello ugualmente, è come guardare da un finestrino di un aereo. Dopo quarantacinque minuti arrivano i nostri amici, alla spicciolata arrivano tutti e quattro, e con loro rimaniamo a goderci ancora la vetta per almeno altri venti minuti, insomma, ce la siamo presa davvero comoda oggi, fantastico. Per scendere cambiamo direzione, prendiamo verso Ovest, versante notevolmente più docile, ci dirigiamo verso Croce della Gardosa ma ben presto ci troviamo a convergere per linee logiche verso l’imbocco di valle Varogna che dovevamo riprendere, intercettiamo anche una evidente traccia che ci porta verso fonte del Basto, prova provata che il sentiero riportato sulla carta dopo la fonte di fatto non esiste più. Tra radure e roveti di rose raggiungiamo la sterrata e da lì la prima fonte dove abbandoniamo la carrareccia e riprendiamo il sentiero. Una veloce e ininterrotta discesa ci riporta a Nocelleto (+2,20 ore), e a questo punto ci aspetta la trattoria del Navigante, la mattina ci avevamo preso un caffè e avevamo anche prenotato per mangiare; ci avrebbero aspettato anche sul tardi, la sorpresa ora sarà quella che i commensali sono triplicati. Bella escursione davvero, non banale, 1000 i metri di dislivello e più della metà molto verticali, circa dodici i chilometri percorsi e siccome l’appetito vien mangiando, dopo il Ventolosa e monte di Valle Sirica di qualche settimana fa, dopo il Gardosa di oggi, per conoscere meglio questo versante “minore” dei Sibillini, nel mirino ci metto il monte Lieto, il monte Patino, il monte delle Rose da fare se ci riesce con un’unica uscita, un anello che inizi e finisca a Castelluccio. Arrivederci a presto amati Sibillini.